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I Murales nell'antica Roma

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Le scritte sui muri dell’antica Roma
I MURALES DI OGGI E DI IERI
Uniposca, spray, scalpelli, carbone e tanti errori

di Laura Micale

Passeggiando tra le vie di una città, non si può fare a meno di notare l’ormai troppo comune: “ioEte3MSC”! Basta partire da questa scritta per cominciare una carrellata interminabile di scritte, che “colorano” i muri delle nostre strade: “io e te tre metri sopra il cielo”, “io e te quattro metri sopra il cielo perché a tre metri stanno troppa gente”, “adio pupa ti o amato”, “io o voglia di te”, “io xte muoro”, “ge tem mona mur”, “non posso fare almeno di te”, “lorgoglio non serve”  (ma l’apostrofo si)… Se ne vedono di tutti i colori! Espressioni divertenti, passionali o volgari insulti, hanno tutte un unico comun denominatore cioè la plateale voglia di comunicare, bene o male, con o senza errori, incivilmente o con rispetto. Si tratta di testimonianze di uno spaccato di vita reale: quando si scrive il proprio nome sulla porta di un bagno pubblico, su una panchina, o sui fianchi di un treno, non si fa altro che raccontare la quotidianità nel modo più spontaneo possibile.
Questa di scrivere sui muri, nei bar, sui tavoli, tuttavia, non è solo un’usanza dei nostri giorni. Da sempre, infatti, l’uomo ha sentito il bisogno di lasciare la sua firma ad ogni passo: è stato così  già durante la preistoria con i graffiti sulle pareti che raccontavano scene di caccia e vicende quotidiane ed  anche al tempo dell’Impero romano, quando le scritte murarie assumono la stessa forma delle espressioni d’amore, dei volgari  insulti, della propaganda politica che si legge oggi nei nostri murales. E’ romanticissimo leggere le scritte che un uomo latino innamorato ha lasciato sui muri della domus Tiberiana a Roma: “Vis nulla est animi, non somnus claudit ocellos, noctes atque dies aestuat omnes amor” che liberamente possiamo tradurre: “il mio cuore non ha pace, il sonno non mi chiude gli occhi, l’amore arde tutti i giorni e le notti”.  Scritte di questo genere si possono apprezzare soprattutto a Pompei: a volte sono dei prestiti da autori noti, dedicati all’amata, scritti magari davanti alla finestra della sua stanza.
Altre volte, invece,  le scritte non sono così deliziose… risultano volgari, alludono a rapporti sessuali o a particolari inclinazioni, sono affiancati da disegni osceni che non sto a riportare, tanto ci si può fare un’idea guardando quelle dei nostri giorni... Sotto questo punto di vista, in duemila anni, non abbiamo fatto molti progressi.
Ma torniamo alle frasi romantiche. A Pompei, in una parete della “casa del medico”, si legge “O utinam liceat collo complexa tenere braciola et teneris oscula ferre labellis”  cioè “Oh potessi tenerti le braccia attorno al collo baciando le tue tenere labbra”: sembrano proprio i versi della canzone di Vasco Rossi Rewind “vorrei stringerti le braccia, le braccia intorno al collo e baciarti, baciarti dappertutto…” Quanto sono attuali questi latini! In un’altra scritta, anonima come la maggior parte, si sollecita il carrettiere ad andare più veloce, perché si ha troppa ansia di vedere la persona amata: “Se tu, carrettiere, sentissi le fiamme dell’amore correresti più forte per vedere la persona che ami. Io amo un giovane grazioso. Ti prego, sferza il cavallo, andiamo. Hai già bevuto, andiamo, prendi le redini e scuotile. Portami a Pompei, dal mio dolce amore”. Ancora su un altro muro di Pompei troviamo scritte queste parole: “Amantes ut apes vitam mellitam exigunt” –  “Gli amanti come le api pretendono una vita dolce quanto il miele”. Qualcuno in un secondo momento gli ha risposto scrivendo accanto “vellem” … forse perché afflitto da qualche pena d’amore ha voluto dire: vorrei proprio che fosse così! Sulla parete di una taverna di Pompei si legge un pensiero filosofico sulla caducità della vita: “Nihil durare potest tempore perpetuo: cum bene sol nituit, redditur oceano, decrescit Phoebe, quae modo plena fuit, ventorum ferita saepe fit aura levis”, frase che tanto richiama alla mente i celebri versi di Quasimodo “ ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”.
La maggior parte delle scritte murarie non sono state lasciate da persone colte e si trovano in luoghi che con la cultura hanno poco a che fare come, ad esempio, le taverne. Anche nelle scritte degli antichi latini dunque c’erano errori simili a quelli che troviamo sui nostri muri... Generalmente a Roma l’istruzione minima era diffusa ma capita che persone poco istruite abbiano lasciato delle testimonianze pratiche, dei promemoria utili alle loro attività oppure delle scritte come quella che si legge in una villa alla periferia di Pompei: “Pridie Kalendas Maias supposui ova gallinae” -  “Il 30 aprile ho messo le uova sotto la chioccia” e ancora quest’altra che si legge in una taverna ad Ercolano,  “XI Kalendas panem factum” – “ho fatto il pane giorno 21”.   Sono uno spaccato di vita quotidiana! C’erano scritte che pubblicizzavano attività, prodotti, inviti al buon comportamento. Ad esempio davanti a un’osteria si legge: “Calòs Hedoné valeat qui legerit. Hedoné dicit: assibus singulis hic bibitur; dupundium si dederis, meliora bibes; quartum assem si dederis, vina Falerna bibes” -  “Bella casa felice saluta chi sta leggendo. Casa Felice informa: qui ognuno per bere paga un asse, se pagherai due assi berrai vino migliore, se spenderai quattro assi berrai vino Falerno”. Sui muri c’erano anche propagande elettorali, proprio come oggi, ed erano talmente fitte che su un muro di Pompei si legge: “Admiror, paries, te non cecidisse ruina qui tot scriptorum tedia sustineas” – “mi meraviglio, o muro che ancora non sei crollato sotto il peso di tante scritte elettorali”.
In realtà l’unica vera differenza tra ieri e oggi è che un tempo si scriveva con il carbone o facendo delle incisioni con un oggetto appuntito mentre oggi  si usano le bombolette spray o gli uniposca

 
 
 
 
 
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